Attesa e Aspettativa
L’idea di calare nel concreto il significato concettuale di una coppia di vocaboli, prese forma quando pensai di utilizzare esempi semplici e chiari. Tuttavia, per evitare errori interpretativi, ho voluto attingere alla “sorgente” e allora, apro il vocabolario Treccani e leggo.
Attesa: è lo stato d’animo di chi attende; cioè il desiderio con cui si attende un evento.
Aspettativa: è l’atto di aspettare. Laddove si acquisisce un diritto subordinato a circostanze che devono ancora maturarsi.
Detto questo, per dovere di concretezza, vi parlo dell’Attesa servendomi di un pezzo di vita vissuta.
Una tra le varie esperienze che mi hanno formato, praticare lo scoutismo durante gli anni della mia adolescenza – in un Riparto guidato da un Capo intelligente – è stata quella che ricordo con più piacere. Ora, non voglio dilungarmi sulla validità esperienza, perché questa non è la sede, tuttavia vi ricordo che il motto degli Scout è: Estote Parati. Ovvero: siate pronti.Quando l’ho sentito per la prima volta avevo 12 anni, e non ho subito capito il significato profondo della frase. Perciò chiesi spiegazioni al mio responsabile che mi disse: per noi Scout Estote Parati non significa vestire l’elmetto, la giberna e la cartuccera, come se fossimo sulla Striscia di Gaza. Stare pronti significa “essere preparati” a vivere l’esperienza, portando con sé l’attrezzatura adatta per ogni eventualità.
Lo stesso concetto che si legge nel vangelo di Matteo, quando racconta la parabola delle Vergini e le Lampade. “Dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio. Le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi…”
Ben diversa è l’Aspettativa. Che condiziona il tempo dell’attesa, nella misura in cui “l’avvento” è suggestionato dalla pregiudiziale. L’Aspettativa è fatua, perché mutuata dall’atteggiamento mentale che si ha nei confronti di ciò che si attende. Infatti, il “saggio contadino” sa che: se ha seminato le fave, la pianta produrrà inevitabilmente delle fave. Perciò vivrà il tempo dell’attesa con quella certezza; senza minimamente dubitare che la natura possa agire in altro modo. Diversamente, il “contadino stolto” che confonde l’Aspettativa con l’Attesa, seminerà le fave ma vivrà il tempo dell’avvento nella convinzione che raccoglierà i ceci.
E a cose fatte, non solo si stupirà che la pianta ha prodotto le fave anziché i ceci, ma attribuirà la responsabilità dell’accaduto al negoziante che gli ha venduto le sementi. E non pago, potrebbe addirittura pretendere il risarcimento del danno.
A questo punto mi domando: qual è la morale?
Francamente il mio intento non era di formulare una morale. Tanto meno per me che, pur avendo rispetto per la norma, non sono mai stato moralista. Anzi, per quanto possibile, cerco di calzare le ali della libertà: nel pensiero e nell’azione. Assumendomi la piena responsabilità dell’azione stessa, e avendo l’accortezza di verificare che la mia azione non danneggi l’altro.
E… sebbene sia un fantasioso creativo, a volte divagato – o dévarié come direbbero a Parigi – quando si tratta di scegliere fra l’Aspettativa e l’Attesa, non ho dubbi: scelgo il realismo dell’Attesa.
Tuttavia, se voi volete agire diversamente, fate pure.
Però tenete presente che, per quanti sforzi facciate, il vostro cane non miagolerà mai!
…A meno che non frequenti un corso intensivo di Lingue.
Chissà mai che con le nuove tecnologie didattiche possa avvenire il miracolo!