La bellezza è negli occhi di chi guarda
La Tribù dell’Etiopia meridionale dove le donne ancora oggi indossano il disco labbiale.
Un disco di legno che dilata a dismisura il labbro inferiore. Segno di prestigio e bellezza, sfoggiato in seno alla comunità. Forse anche voi come me, potreste avere qualcosa a che dire sul fatto che sia un canone di bellezza. Soprattutto per la nostra cultura.
L’interrogativo è: c’è un canone di bellezza comune oppure la bellezza è soggettiva.
Per rispondere a questa domanda marzulliana ho consultato i testi antichi. Sono tornato al tempo degli Egizi e alla scuola di Metaponto.
La scuola dove Pitagora illustrava – tra le altre cose – ai suoi allievi la “Sezione Aurea”. Un rapporto numerico che indica le perfette proporzioni geometriche con cui si progettano e si costruiscono le cose. Dagli edifici abitativi agli oggetti più comuni, che così si vestono di un’armonica bellezza.
Il bello è il prodotto della simmetrica proporzionalità con cui si occupa lo spazio, afferma Piatagora.
Come il celebre quadro della Gioconda di Leonardo da Vinci, che rispetta esattamente le proporzioni della Sezione Aurea. Laddove l’occhio coglie l’armonia delle forme che sono ancora attuali.
Comunque la bellezza oggettiva non è solo una questione di proporzionalità. Ma anche – e soprattutto – delle “vibrazioni” che l’oggetto emana.
Un movimento impercettibile che lo anima e gli da carattere.
La stessa regola vale per il genere umano.
Vi ricordate le Top Model che hanno solcato le passerelle dell’Alta Moda negli anni 80?
Nonostante siano passati più di quarant’anni, i loro nomi sono rimasti una leggenda. Cindy Crawford, Brooke Shields e la venere nera Naomi Campbell restano intramontabili.
Perché la loro bellezza era avvolta in una allure da cui traspariva la singolare personalità. Sinuosa e sensuale o determinata e incisiva.
In quanto a sensualità Naomi Campbell, la prima top-model di colore, si è distinta per il suo portamento regale, ma anche per il suo caratterino impetuoso.
Ne sanno qualcosa i Direttori degli alberghi in cui prendeva stanza. Costretti a subire l’ira dei suoi capricci quando non erano in grado di soddisfare le sue bislacche richieste. E ridursi poi a raccogliere i cocci dei costosi soprammobili di René Lalique, sparsi in tutti gli angoli della Suite.
Lo sa bene anche Flavio Briatore di cui è stata la fidanzata per tre anni.
Un rapporto tumultuoso fra liti e riconciliazioni, che penso abbiano fatto rimpiangere le fatiche del Force Blue durante l’ultima burrascosa traversata nel Golfo del Leone.
E come non menzionare le signorine “Buona Sera”. Un’icona della Rai TV.
L’intramontabile Nicoletta Orsomando, la loro mamma putativa. La dolce fatina Maria Giovanna Elmi. La conturbante Gabriella Farinon di cui Alighiero Noschese fece un esilarante imitazione.
Donne che sono rimaste nella memoria aldilà del loro ruolo istituzionale, per il semplice fatto che hanno saputo “personalizzare” la loro presenza sullo schermo. Mettendo in un semplice annuncio la fragranza della loro essenza.
Un corpo, per bello che possa essere, se privato dell’Anima non è che una bambola di plastica inespressiva.
Vi siete accorti come l’omologazione abbia conformato i canoni della bellezza.
Ha confinato la Donna in algidi stereotipi privi di singolarità e l’Uomo in un’ibrida e narcisistica replica seriale.
Non è mia intenzione sminuire il valore della bellezza anzi: mi considero un esteta. Altrimenti come potrei apprezzare la bellezza della Musica.
Però c’è una netta differenza tra suonare le note e “far musica”.
Suonare le note è un gesto meccanico privo di afflato. Far musica è colorare le note con la ricchezza dell’animo.
Cosa che solo il vero artista sa fare perché non si limita alla produzione del suono. Lui va oltre…
Un Detto popolare recita: gli occhi sono lo specchio dell’Anima.
Vi svelo un piccolo segreto. Quando incontro una persona, la prima cosa che osservo sono i suoi occhi.
Ora più che mai, visto che tutto il resto del volto è coperto!
Nelle mie osservazioni mi sono accorto che la bellezza dell’occhio non dipende dalla sua forma o dal suo colore, bensì dalla luce che emana.
Ho visto occhi di Giada o somiglianti a un’Acqua Marina, vitrei e inespressivi.
Ho visto occhi tristi su volti imberbi, e occhi vispi su volti increspati dal tempo.
Ho incontrato occhi Neri apparentemente comuni, illuminati da vividi bagliori perché connessi con la profondità dell’Anima.
La differenza non sono gli occhi ma la ricchezza interiore di chi li indossa.
Tornando a tingolo, credo che il test più autentico per apprezzare il valore della propria bellezza sia guardarsi allo specchio del bagno la mattina, poco dopo il risveglio.
Se nonostante il viso stropicciato dal sonno, i capelli arruffati e indomabili; la nuova tacca che il tempo ha disegnato sulla guancia sinistra ti vedi bello e ti ami: allora hai capito il senso profondo del concetto di bellezza.
Altrimenti non c’è mano di chirurgo esperto, tanto meno iniezioni prodigiose che possano mutare l’evidenza.
Resterai comunque un involucro senza palpito in balia del tempo che passa.
Sarà pure così però, a scanso di spiacevoli sorprese, mi sono comprato un nuovo specchio temprato al Titanio da mettere in bagno.
Non vorrei mai che una mattina, durante il face test, una crepa sinistra mandasse in frantumi la specchiera.
Dice il saggio: meglio prevenire che curare.
Che dire ….. ci arricchisci sempre con pillole preziose di cultura, ironia e fantasia
Grazie