L’ozio è il padre di tutti i vizi
L’attribuzione di questo proverbio si fa risalire a Franz Kafka.
Per correttezza devo precisare che ho citato solo la prima parte, perché la versione integrale è: L’ozio è il padre di tutti i vizi e il coronamento di tutte le virtù.
Quando penso a un fatto che ne attesti la valenza, col pensiero torno all’antica Roma.
I Romani, popolo bellicoso dodato di valorosi conquistatori, che vinsero guerre e battaglie facendo incetta di territori; tanto che l’Impero Romano spaziava da Oriente a Occidente.
Però, dopo tanta virtù, si narra che i primi segnali di cedimento, presago della futura decadenza, risalgono al 235 a.C.
Secondi gli storici, la colpa è da attribuirsi a un vero e proprio decadimento strategico, e alla consuetudine di allestire pantagruelici banchetti innaffiati con abbondanti libagioni. Usanza che aveva preso piede a Roma e dintorni.
Feste dionisiache che duravano più giorni, in cui Dignitari e Condottieri stesi sui loro triclinii, alternavano ai banchetti momenti di puro ozio.
Ormai si erano tanto imbolsiti da aver perso l’ardore della conquista.
Pigri e opulenti – mi ricordano le caricature dei personaggi del film Wall•E – non furono più in grado di salvaguardare i confini dell’Impero, che capitolò con la caduta di Costantinopoli.
Trattazione storica a parte, affermare che l’ozio sia il padre di tutti vizi è un puro tecnicismo, perché anche la pratica dell’ozio richiede dedizione e tempo.
E se la giornata è scandita da ritmi forsennati, impegni inderogabili, trasferte logoranti, probabilmente il tempo per oziare non c’è.
Quando osservo i miei (più o meno) simili, mi rendo conto che tutti vanno di fretta.
Come se la corsa frenetica fosse l’unica possibilità per “esserci”: dovunque e comunque.
Neppure seduti al pub con gli amici non si gustano più il sano piacere dell’ozio, unito alla conversazione leggera.
Specialmente nelle città del Nord, dove il piacere dello “svacco” è disturbato da mille sollecitazioni.
Il messaggio impertinente che arriva sul telefonino al quale bisogna rispondere in tempo zero; altrimenti non sei cool.
La chat di gruppo – Dio l’abbia in gloria – a cui devi inviare, seduta stante, le foto dei piatti che hai ordinato; altrimenti non sei social.
Il gioco di tendenza, a cui devi assolutamente partecipare anche se gli altri giocatori sono sparsi per i quattro cantoni dell’universo, e tu nemmeno sai che faccia hanno; altrimenti non sei smart.
Che stress ragazzi. Meglio un doppio turno alle Ferriere!
E che dire dei giovani virgulti – futuri adulti (?!) – che appena terminato lo svezzamento hanno un’agenda così fitta da far arrossire la buonanima di Sergio Marchionne. Che dall’alto dei cieli sorride sardonico, mentre si sta godendo il tanto agognato riposo. Eterno, certo, ma pur sempre riposo.
Illustri pedagogisti e psicoterapeuti dell’età evolutiva – tra i quali cito Paolo Crepet che ha detto: l’ozio è salutare per i bambini al punto tale che la scuola dovrebbe insegnare a saper stare da soli – affermano che questo è nocivo.
Con tutto il garbo possibile, aggiungo: cari genitori vi siete chiesti – e avete chiesto – a vostro figlio/a se è contento di essere sballottolato a destra e a manca per assolvere tutti gli impegni schedulati?
Probabilmente potrebbe essere salutare anche per voi un po’ di ozio ristoratore, che rimetta a fuoco la prospettiva.
Com’era bello sdraiarsi sui prati e contemplare il cielo, giocando a dare sembianze definite all’avvicendarsi degli stratocumuli.
Com’era piacevole trascorrere i soleggiati pomeriggi estivi, muovendosi con l’andatura caracollante, che dilatava lo spazio e il tempo.
Com’era rilassante poggiarsi alla roccia e lasciar correre lo sguardo oltre l’orizzonte, dopo una camminata di un paio d’ore su per il pendio.
Però, a pensarci bene, qualche timido segnale che s’inverte la rotta già c’è.
Nella mia città – per esempio – è tutto un proliferare di zone a velocità limitata: la Zona 30.
Secondo l’assessore alla viabilità, l’iniziativa era stata concepita per rallentare le auto e preservare la salute di chi utilizza le due ruote;
monopattini elettrici compresi. Peccato che questo numero scritto sull’asfalto non abbia sortito alcun effetto.
Se non quello di creare degli ingorghi, nel caso in cui qualche automobilista osservante rallenti.
Sbeffeggiato dagli altri, che lo incalzano con nevrotici colpi di clacson.
Mi arrendo all’evidenza: andare a mille è ormai una consuetudine consolidata.
Tuttavia mi viene da pensare che sia l’evidenza palese di quanto non siamo capaci a stare in contatto con noi stessi. Nemmeno per una manciata di minuti.
Allora, perché non riabilitare la pratica dell’ozio. Quello spazio sano, da dedicare all’ascolto di noi stessi, per imparare ad ascoltare anche l’altro.
Nonostante sia cresciuto in una famiglia dove la frenesia del fare era “in ditta”, fin da bambino mi trovavo a passare parte delle giornate in contemplazione solitaria, intento a godermi il torpore dell’indolenza.
I miei genitori mi guardavano straniti, convinti che di quel passo mi sarei presto ritrovato a dormire all’addiaccio, come un clochard a Montmartre.
Forse avrei dovuto dirgli che la mia non era pigrizia endemica, bensì la pratica salutare dell’ozio creativo.
Molto bello, mi sono riconosciuta in più punti specialmente nella parte dedicata ai genitori.
Grazie dei tuoi editoriali
La tua intelligente ironia è una gran dote!!